Il mio rapporto con la “nera” continua a essere problematico

Quasi diciotto anni fa, mi trovai ad avere una conversazione telefonica con un imprenditore per verificare una collaborazione tra la sua azienda e quella per cui stavo lavorando.

A un certo punto chiesi dove si trovasse la sede operativa dell’azienda e l’imprenditore mi disse, quasi sottovoce, il nome della località, ammutolendosi subito dopo.

Dopo qualche attimo dissi qualcosa come “pronto?” pensando che la conversazione si fosse interrotta, ma la linea non era ancora caduta e il mio interlocutore, e poiché non avevo capito bene il nome di quella località, lui me lo ripeté due o tre volte, aggiungendo di volta in volta brandelli di frasi come “eh, sì…”, “avrà sentito”.

Mi sono trovato un po’ in imbarazzo pensando che la località fosse famosa per questioni inerenti il mercato del nostro settore, e mi scusai per non avere minimamente idea di cosa ci fosse di tanto speciale in quella località che, già dal punto di vista geografico, sapevo trovarsi in quella parte di pianura padana in cui la Lombardia supera le paludi del Ticino per insinuarsi in quello che resta del Triangolo Industriale…

“Ah, beh… sa. L’omicidio della ragazza… Le televisioni. Avrà sentito, no?” e io che rispondevo “Ah, sì… Giusto: non avevo collegato!”, perché rispondere “No guardi, Lei neanche può immaginare cosa cazzo me ne frega a me della cronaca nera…” pareva poco urbano. La “nera” è da sempre il tipo di cronaca per cui nutro il minor interesse, addirittura meno rispetto al gossip, alle notizie di cronaca locale e alle gare di barca a vela.

Non sono una persona sensibile o impressionabile, la morte non mi impressiona particolarmente e talvolta apprezzo anche la visione di film o serie TV su serial killer, crimini violenti, cold case e tutto quel genere che va dai capolavori come Il Silenzio degli Innocenti o la divertentissima serie Dexter, alle produzioni seriali e sempre uguali a sé stesse di Bruno Heller o di Dick Wolf, che ormai in casa chiamiamo affettuosamente Cazzolupo. Come se non bastasse sono anche interessato alle modalità che le foze dell’ordine adottano durante le loro indagini. Ma la cronaca nera, anche no, grazie! Anche perché, a quanto ho potuto capire, i grandi casi di cronaca nera non sono proprio casi di condotta ineccepibile da parte degli investigatori…

Tuttavia, grazie a quella conversazione, Garlasco divenne una delle poche parole che io riesca a ricordare e a collegare a quella gigantesca discarica di parole che promana dai casi di cronaca nera; una delle poche fare compagnia a “Rosa e Olindo”, allo “Zio Michele” e alla sua “Avetrana”, unico altro toponimo “nero” di cui abbia memoria.

Negli scorsi giorni ho sentito di nuovo il nome di Garlasco e di alcune surreali code di indagine che si sarebbero sviluppate e ho ripensato al fatto che ci sono cose per cui non sono ancora cambiato:

  1. la cronaca nera continua a non fregarmi un cazzo
  2. continuo a non capire per quale motivo le persone intorno a me siano così morbosamente interessate a queste notizie.

E mentre pensavo al fatto che questi casi fossero “roba da vecchi”, ho scoperto solo due giorni fa che una delle youtuber più seguite dai ragazzini italiani è una specie di chiaraferragni -ma più odiosa- che racconta, con faccina ammiccante e un molesto abuso di anglismi, le storie dei serial killer più famosi (lei li chiama “serial” non so se per sopraggiunta confidenza o per evitare demonetizzazioni).

Comunque sia, il fatto che ragazzini e ragazzine in età scolare seguano una youtuber che parla di crimini efferati è un fenomeno che non riesco a comprendere e a inquadrare, ma che lo considererò esso stesso un sottoinsieme della “cronaca nera”. Credo quindi che quello dello “sticazzi” sia l’approccio più sereno che potrò adottare.

@caffeitalia

  • versodiverso :mastodon:@mastodon.uno
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    8 days ago

    @macfranc Ti sei dimenticato Cogne tra i topomini noti.
    Tralasciado la mini-battuta, penso che il motivo principale sia il mistero e quindi quando c’è mistero, ognuno può dire la propria, anche i “cretini”.
    Sui giovani, penso che oggi vivano in totale distacco dal mondo reale, cioè un programma sui social viene visto come una serie TV, che poi che fatti siano accaduti realmente, per loro non conta.
    @caffeitalia

    • macfranc@poliversity.itOP
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      8 days ago

      @versodiverso giusto! Il plastico, il pigiamino, l’avvocato Taormina: sì, questa la so 🤣

      L’avevo dimenticato, ma non ho dimenticato la sensazione che ho avuto quando sono andato a visitare la cittadina e mi hanno fatto notare che quello che a prima vista sembrava una specie di area ristoro, con automobili e camper, era in realtà uno spiazzo qualsiasi da cui però era possibile fotografare la scena del crimine… 🤣🤣🤣

      Ci tengo a precisare che il delitto era avvenuto già da un paio di anni, quindi non si trattava di curiosità estemporanea sull’onda dell’emozione, ma di gente che invece di visitare la cittadina o di farsi le passeggiate per i sentieri, hanno deciso di fare la foto alla “villetta degli orrori”.

      Commettendo un altro tipo di orrore 😩

      @caffeitalia

      • versodiverso :mastodon:@mastodon.uno
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        8 days ago

        @macfranc Su questo concordo pienamente. Gente che si fa foto e selfie sul luogo del delitto… a pro di che? Morbosità nel dire che ci sei stato, come se avessi partecipato anche tu all’evento? Un po’ come ad un concerto?
        Anche perché mi chiedo, quella foto chi la vedrà mai? Tu ti metti a rivedere i milioni di foto che scatti? Non credo… Quindi è solo un “appagamento” momentanio per uniformarti nel dire “ci sono stato anche io”.
        @caffeitalia

        • macfranc@poliversity.itOP
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          8 days ago

          @versodiverso @caffeitalia penso che potrei fare una foto ricordo in una scena del crimine, solo se fossi io il killer che l’ha realizzata! Non mi vengono in mente alternative credibili… 😈

          Anche perché mi chiedo, quella foto chi la vedrà mai? Tu ti metti a rivedere i milioni di foto che scatti?

          Ahimé quanto è vero 🤣